ANCHE IL DENTISTA È UN PAZIENTE
Il dentista esercita la propria professione operando sulla bocca altrui, ma diventa a sua volta paziente quando necessita di controlli e cure odontoiatriche.
Ci rendiamo conto allora del timore che accompagna ogni attesa nella sala d’aspetto e apprezziamo così tanto la gentilezza del personale di segreteria e delle assistenti.
Ci viene richiesto di firmare la cartella anamnestica, in cui segnaliamo le nostre malattie che potrebbero avere attinenza con il trattamento odontoiatrico ed il foglio della privacy che tutela i dati che riguardano la nostra persona: sono documenti che il dentista per legge deve conservare nel nostro interesse di pazienti.
Senza dubbio poniamo attenzione alla pulizia generale dello studio e rivolgiamo un occhio particolare alla sterilizzazione dello strumentario che controlliamo sia proveniente da buste sigillate: sappiamo quanto ciò riduca i rischi di trasmissione di malattie infettive. La nostra valutazione è positiva quando il medico che ci accoglie indossa la mascherina ed un camice senza macchie di sangue; i guanti preferiamo siano indossati davanti a noi, per garantirci che siano veramente monouso. Non ci spaventa che porti sul capo dei dispositivi ingrandenti, poiché sappiamo quanto questi permettano di ottenere una precisione maggiore nell’esecuzione del lavoro.
Dobbiamo riconoscere come lo studio si sia trasformato in questi ultimi dieci anni da sala di tortura con trapani e frese, ad ambulatorio con sofisticate attrezzature computerizzate quali la radiovideografia, che permette di eseguire radiografie con un decimo di esposizione ai raggi X rispetto alle tecniche tradizionali, e la telecamera intraorale che concede al paziente i diventare spettatore di ciò che sta avvenendo nella sua bocca.
L’impostazione del piano di trattamento è mutata radicalmente: un tempo veniva affidata all’operatore che aveva libertà nelle scelte terapeutiche e nei tempi di esecuzione; oggi è un nostro diritto conoscere nei particolari le patologie che affliggono la nostra bocca, l’evoluzione delle stesse in caso di non trattamento, le diverse possibilità terapeutiche ed i relativi costi complessivi.
Il rapporto con il nostro dentista ha così assunto i caratteri di un contratto basato non solamente sulla fiducia ed esperienza del clinico, ma sulla “evidence based medicine” (EBM), cioè sulla predicibilità del trattamento che stiamo per affrontare in base alla letteratura e all’esecuzione secondo procedimenti operativi protocollati.
Tutto ciò si concretizza in una firma del consenso informato all’esecuzione del piano di trattamento previsto. L’anestesia è certo fonte di ansia, ma aghi sempre più sottili permettono di non avvertire nessun fastidio, anche se elimineremmo volentieri il gonfiore al labbro che dura qualche ora.
Nell’esecuzione del trattamento ci fidiamo del collega, limitandoci a giudicare il risultato finale che osserviamo essere frutto della scrupolosità e dell’occhio esperto.
Non ci stupiamo se il numero delle sedute operative per curare un singolo dente è elevato poiché non si tratta di una giustificazione al costo della terapia, ma di tempi ed attese legati alle procedure per l’ottenimento del migliore dei risultati.
Questi sono davvero stupefacenti sotto il profilo estetico e funzionale, anche se dobbiamo ammettere che, si paghi in Lire o in Euro, il conto del dentista visto dal paziente è sempre salato.